ARTE A GRASSANO

Fino al secolo XVI il nucleo abitativo di Grassano era costituito dal solo quartiere di Capo le Grotte. Il piccolo centro, racchiuso da mura, aveva come accesso una porta collocata nelle vicinanze della chiazzodda, la piazza più antica del paese.

Fu vicino alla chiazzodda e alla Chiesa Madre che nacquero le prime abitazioni, le casedde, costituite da un solo locale di piccole dimensioni, la cui volta era fatta da un intreccio di canne (la cannizza) e ricevevano luce e aria da una finestra o direttamente dall’ingresso. Qui la famiglia svolgeva ogni attività, in una promiscuità di persone e animali.

Durante la prima metà dell’800 si arrivò alla costruzione di un nuovo tipo di casa, il “ lamione”,con soffitto (la lamia) fatto di mattoni e con una stanza per gli animali.

Successivamente si costruirono alcune stanze sul “lamione”: la casa “soprana”. Questa era pavimentata con mattonelle quadrate, mentre il lamione con mattoni rettangolari.

Le “casedde” risultano ora quasi del tutto abbandonate o trasformate in cantine e depositi, mentre “i lamioni”, legati all’economia agricola dei “mulari”, i piccoli proprietari che possedevano i muli, sono stati riattati con la sopraelevazione e trasformati in negozi e in botteghe nella Via Meridionale.

Sono da notare alcuni palazzi gentilizi: in Via Forno il Palazzo Ruggieri, sede del Governatore che amministrava per conto del Duca della Salandra la giustizia e le rendite da questi possedute nel territorio. Da segnalare inoltre il bel portale d'entrata sormontato dallo stemma gentilizio del Duca realizzato alla fine del '700 e il grande salone con le sue volte a vela oltre all’interessante scalinata d'ingresso.

In Via Roma il Palazzo Schiavone e il Palazzo Ferri. Quest’ultimo si presenta con un ampio cortile, balaustre ed archetti in ferro battuto, ha una pianta quadrata e rappresenta il tipico palazzo padronale d’inizio ‘800.

Merita una visita anche il Palazzo Materi la cui costruzione si fa risalire tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800, con portale e stemma scolpiti in pietra locale. Si accede da un grande atrio con ampie arcate. Il Palazzo si trova in via Umberto I, nel cuore del vecchio centro abitato del Paese ed in posizione dominante sull'agglomerato urbano. Originariamente di fronte ad esso non sorgeva la cortina attuale di edifici ad un piano, per cui esso costituiva, l'unica emergenza architettonica insieme alla chiesa madre.

Del Palazzo Materi fa cenno anche Carlo Levi nelle prime pagine del "Cristo si è fermato ad Eboli
Accanto si nota Palazzo Materi Leoni. Alla fine del Corso Umberto I, è situata la chiesa della Madonna di Pompei o “Madunnedd”, una piccola cappella a una sola navata costruita probabilmente nell'Ottocento. Al suo interno accoglie alcune statue raffiguranti la passione di Cristo che vengono portate in processione il venerdì santo. Significativa la bella Madonna Addolorata in essa custodita unico esempio, a Grassano, di madonna completamente snodabile e vestita con abiti veri.

Nella parte alta del paese si trova la Chiesa Madre dedicata a San Giovanni Battista del XVII secolo.
Anticamente, come si apprende da vari documenti era una cappella del ben più ampio castello di proprietà del Commendatore di Malta e che occupava tutta la sommità del colle.
Di stile barocco, si presenta con una pianta a croce latina, con tre ampie navate ed una grande cupola che sovrasta l'altare maggiore. Custodisce un prezioso organo, intagliato dorato del Settecento, opera di maestri intagliatori meridionali.

Nella navata destra c’è la scultura lignea di Sant’Innocenzo del XVIII secolo. L’artista cerca di fondere pittura e scultura: le linee fortemente in contrasto della forma scultorea con i colori dalle accese tonalità della figura del santo. Custodisce altari in marmo policromo e, a destra dell’ingresso, un’acquasantiera in pietra locale, del XVII secolo.
In sacrestia sono conservati alcuni oggetti sacri di gran valore: c’è una Croce del XVIII secolo di scuola meridionale, un ostensorio di fine ‘700 e un incensiere, entrambi in argento. Poco distante dalla chiesa, sempre in salita, si trova il rione Capolegrotte.

Nel centro dell’abitato si erge l’ex Convento Carmelitano di S. Maria del Carmine edificato ne 1612, ora sede del Municipio. Nel 1653 il convento fu chiuso in seguito alla Costituzione di Innocenzo X che soppresse tutti i piccoli conventi. Dopo un lungo periodo di abbandono, fu riaperto nel 1704 dai Frati Minori Riformati che riedificarono e ingrandirono le preesistenti strutture costruite dai Carmelitani. Il piccolo convento ai primi dell'800 fu sede della prima scuola pubblica aperta dai frati a beneficio del popolo.

Nel 1866 il convento fu nuovamente chiuso in seguito al decreto di soppressione degli ordini religiosi del 1861. La struttura passò così al Comune di Grassano, che lo destinò a sede del Municipio, e delle scuole. Nel 1950 su richiesta della popolazione di Grassano la chiesa ed alcuni locali adiacenti furono restituiti ai francescani che li destinarono ad accogliere nuovamente una piccola fraternità francescana. Susseguirono quindi una serie di lavori di rinnovamento che portarono all’abbattimento del vecchio campanile e alla costruzione di un campanile con orologio.

Il Convento francescano è stato definitivamente chiuso nel settembre del 1999. Si notano nel chiostro un singolare pozzo e lo stemma dell’ordine dei francescani affrescato sul muro dietro il pozzo.
Nella sala consiliare, ex refettorio del convento, emergono due grandi affreschi settecenteschi che raffigurano l’Ultima Cena e le Nozze di Cana, d’ignoto frescante. I personaggi sono ritratti nei gesti di chi medita, chi alza gli occhi al cielo, chi assiste e chi si meraviglia del miracolo del Cristo.

L’osservatore è così invitato a partecipare intensamente all’evento. L’impianto coloristico si rifà a certa pittura veneta. Sulla lunetta della porta d’ingresso alla sala è in bella vista un affresco del XVII secolo: Madonna con Bambino tra angeli. La Vergine schiaccia il serpente coi piedi, mentre il Bambino pigia su di lui con la punta inferiore della croce, che regge con le due mani.

Sono inoltre da segnalare due sculture contemporanee di Michele Schiavone. Accanto al convento c’è la Chiesa della Madonna del Carmine. L’interno è a due navate, con soffitti a botte e a cupola. Mostra l’altare maggiore in marmi policromi ad intarsio e conserva nella navata sinistra il presepe realizzato da Franco Artese, artista di Grassano e autore del presepe di 80 m², ambientato nei Sassi di Matera e costruito con materiali vari, presente nel Museo mondiale della Natività, a cura dell’UNESCO a Betlemme.

Fanno parte dell’arredo artistico un leggio con sobrie decorazioni e un coro del 1744, di artigianato napoletano. Da osservare la tela dipinta ad olio della Trinità con l’iscrizione relativa alla passione del Cristo dipinta sulla cimasa. Nella composizione si notano il Padre e il Figlio che siedono simmetricamente sulle nubi, circondati da angeli.

Il Figlio avvolto in un manto rosato regge con la mano destra la croce, mentre con la sinistra offre la corona al Padre. Questi leva la mano destra in atto benedicente, mentre nella sinistra, appoggiata sul globo, ha lo scettro. Al centro si libra la colomba dello Spirito Santo.

Si possono ammirare interessanti dipinti del '600 e del '700 ed in particolare le quattordici raffigurazioni su tela dipinta ad olio della Via Crucis, opere di grande drammaticità di scuola napoletana.

Da notare anche una Madonna delle Grazie, tela del 1814 d’ignoto pittore e un pregevole Crocifisso di recente fattura (1988) di artista locale. In Via Meridionale è ubicata la Chiesa di Santa Maria della Neve, caratteristica per il suo campanile a cipolla e già esistente nel 1580 come cappella extra moenia.

L’interno custodisce una tela dipinta ad olio del ‘700 raffigurante una Natività di sconosciuto pittore di scuola napoletana e un’ acquasantiera seicentesca posta all'entrata. Da notare, al centro dietro l’altare, il gruppo scultoreo in legno policromo raffigurante la Madonna delle Nevi circondata da angeli (1823), di Giuseppe Volpe, scultore meridionale di scuola napoletana.

L’artista appassionato della bellezza pare voglia riflettere lo splendore divino nella Madonna, nel Bambino e negli Angeli. Nei pressi del campo sportivo si trova invece la Torretta, una torre di avvistamento di origine medioevale.

Dalla frazione Caracoia, si possono ammirare i suggestivi paesaggi dei calanchi d’argilla, mentre nella valle del Basento, lungo il fiume i Giardini Piccoli, cioè gli orti e i frutteti.

I riti primaverili:

Era usanza lasciare la sera antecedente la prima domenica di primavera, un carciofo o un uovo, dopo averne separato il bianco dal rosso, in un bicchiere, sul davanzale della finestra per avere, la mattina, all’alba, il responso giusto. Carciofo aperto: buon augurio; carciofo chiuso: cattivo auspicio.
Albume iridato: matrimonio prossimo; albume non iridato: matrimonio lontano.

La vigilia di San Giovanni, invece, di sera, prima di andare a letto, le ragazze usavano secernere della farina sul tavolo "u tavlir", adibito per la panificazione per avere, la mattina, una risposta molto importante: apprendere, dalle forme e dalle impronte venutesi a creare sulla farina, la professione del loro futuro sposo. L’operazione veniva compiuta con il setaccio dietro la schiena. Se la forma fosse stata di una sega, la giovane avrebbe sposato un falegname; se d’un martello, un fabbro; se di un ago, un sarto; se d’una cazzuola, un muratore; se di orme di animali, un contadino o un pastore. Il più delle volte la farina non rappresentava nessuna di queste forme, ma la fantasia delle ragazze era così fervida da sbizzarrirsi fino a tal punto che una certa interpretazione ne veniva comunque fuori.                  

                  

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