IL CASTELLO DI BRINDISI DI MONTAGNA

Seguendo il corso del fiume Basento, all'altezza di Serra del Ponte, è possibile osservare, a Sud di Monte Romito (946 m.), una mole rocciosa sormontata da monumentali ruderi, ultimi resti di un'antica opera fortificata medievale, divenuta prima residenza e poi dimora stagionale di famiglie importanti della nobiltà meridionale.
Ci riferiamo al castello di Brindisi di Montagna, fondato su due gobbe rocciose che fanno da contrappunto orografico alle cime dolomitiche di Castelmezzano. Con i suoi 877 metri sul livello del mare si staglia su di un paesaggio ricco e vario che va dai toni aspri del blocco roccioso arenario che cade a strapiombo sul lato occidentale della rocca, a quelli più dolci della trancia certosina di S. Demetrio, a Nord del sito fortificato. 

II Lenormant nel suo viaggio. da Potenza a Metaponto considera Brindisi di Montagna 'con la sua roccaforte normanna' l'unico luogo che meriti 'una sosta da parte del viaggiatore'. 

Alla rocca si accede attraverso varie strade. La più importante, parte dal belvedere, all'estremità meridionale del sottostante abitato, nei pressi della chiesa di S. Vincenzo, e si inerpica tra spuntoni rocciosi che solo a tratti lasciano intravedere le muraglie del castello. Dopo una salita ripida e una doppia curva, propizia per eventuali imboscate dei difensori del castrum contro il nemico in assalto, si offrono allo sguardo alti totem murari che evocano un passato antico e sofferto.

II complesso difensivo è costituito da tre elementi principali. II primo, centrale, sorge a mezzacosta lungo il dorso roccioso della collina, con differenti livelli a monte e a valle. II secondo, all'estremità settentrionale, è dato da una torretta, che sorta come punto di avvistamento, venne, poi, trasformata dagli Antinori in cappella dedicata a S. Michele. L'ultimo si allunga sulla sommità della seconda gobba, a Sud del corpo centrale, e presenta poche ma significative tracce murarie incastonate, ancora una volta, tra elementi rocciosi. La presenza di feritoie e la sua posizione sovrastante l'incrocio tra i due tratturi di accesso alla rocca fanno pensare ad una originaria funzione difensiva.

La prima notizia documentata sul castello risale al 1240. Dagli Statuta Officiorum emanati da Federico II sappiamo che il castrum Brundusii de Montana rientrava in quell'elenco di 29 castelli demaniali e domus imperialibus solaciis deputate, facenti parte del Giustizierato della Basilicata, e alla cui manutenzione dovevano provvedere, in maniera sistematica, gli abitanti delle università vicine. 

Il Castello faceva parte di una fitta rete di vedette e di presidi che costituivano il sistema di difesa e di controllo del territorio del Regno delle Due Sicilie che l'imperatore svevo, in parte, aveva ereditato dagli antenati Altavilla.

La struttura fortificata si trovava in una posizione dominante l'alta valle del Basento. Nel medioevo il fiume, in mancanza di strade, rappresentava una delle principali vie di comunicazione. Attraverso tratturi che lo costeggiavano o mediante la navigazione, che era possibile soprattutto verso la sua foce, il Basento collegava vaste aree interne della Basilicata alla costa ionica lungo la quale si snodava una catena di castelli, che sorgevano lungo gli itinerari che le truppe militari, di scorta agli ufficiali imperiali o allo stesso imperatore svevo, percorrevano nei frequenti spostamenti tra la Capitanata e la Sicilia. 

La localizzazione di opere fortificate lungo prestabilite direttrici fu uno dei criteri su cui lo Staufen fondò il vasto programma edilizio di natura strategico-militare, attuato a partire dall'assise De Novis Aedificiis Diruendis del 1220.

A questa logica non sfugge il Castrum Brundusii de Montana, che nel raggio di 20-25 km, a Nord e ad Est, si trovava circondato dai castelli demaniali di Anzi, Calvello e Abriola. Ma molte altre strutture difensive controllavano l'alta valle del Basento, come le rocche di Pietrapertosa e Castelmezzano, e più all'interno, verso il torrente Camastra, il castello di Laurenzana e Castel Bellotto.

Quello di Brindisi non ha l'impianto planimetrico né i caratteri formali e tanto meno le tecniche costruttive di un tipico castello federiciano, sia perché ha subìto varie trasformazioni a partire dall'epoca angioina e sia perché esisteva prima degli Svevi. Per precise ragioni militari fu tra quelle opere fortificate 'ab obitu divae memoriae Regis Guglielmi erecta' che Federico, sulla scorta dei pareri espressi dal provisor castrorum, dopo l'assise sopracitata, volle salvare e restaurare. 

Ciò comunque viene confermato negli Statuta Officiorum in cui si legge che il castello di Brindisi 'reparari potest per homines' di Brindisi, Pietrapertosa, Trisociis (o Trifoglio, antica località nei pressi di Castelmezzano e Pietrapertosa), Castelmezzano, Castel Selecti (o Castel Bellotto tra Pietrapertosa e Laurenzana), Campomaggiore, Trivigno, Lauricselli (o Laurosiello, casale scomparso presso Cancellara), Accettura, Rodie (o Rodio vicino Accettura), Gallipoli Cognato, Garaguso ed Oliveto. 

A ben guardare il castello, riscontriamo molti elementi e caratteri tipici di strutture fortificate normanne. Innanzitutto si consideri l'ubicazione periferica della rocca rispetto all'abitato che è una costante di molti centri normanni dell'Italia meridionale, sia quelli importanti come Messina, Catania, Palermo, Melfi, Aversa, sia altri meno noti, nelle immediate vicinanze di Brindisi, come Calvello e Anzi. In quest'ultima località, ad esempio, il castello scomparso doveva trovarsi sulla cima del monte Siri, intorno al quale è sorto l'abitato.

Inoltre da un rilievo planimetrico risalente agli inizi di questo secolo, si ha la netta sensazione che l'organismo architettonico centrale, per grandi linee, sia stato edificato almeno in due fasi distinte. 

La prima si riferisce alla costruzione di un corpo quasi quadrato, di m. 10 x 9,6 circa, e di altezza a valle variabile da m. 14 a m. 10. II manufatto ha l'aspetto e i rapporti dimensionali di un mastio normanno e si contraddistingue dal resto dell'impianto per i grossi spessori murari e la posizione planimetrica rientrante rispetto al corpo confinante . A questi si aggiunga la differente tessitura muraria e la presenza di numerose feritoie ai vari livelli che consentivano di osservare il fiume, la trancia e l'abitato.

La seconda fase, invece, consiste nell'edificazione in adiacenza al predetto torrione, di un altro corpo di forma quadrangolare ed avente le seguenti dimensioni laterali m. 18.2, 16.5, 16.4, 14.4.

Non è escluso però che effettuando scavi e saggi in profondità, si possano individuare e datare altre fasi costruttive.

Allo stato attuale delle ricerche, mediante l'analisi delle tecniche costruttive, vengono alla luce tipi murari ben differenziati, sia per quanto riguarda le caratteristiche lito-mineralogiche e il grado di assortimento dei conci lapidei nell'apparecchio murario, sia per le modalità esecutive del manufatto. 

Ad esempio, prima del corpo centrale, alla sinistra dell'entrata principale, vi è un avancorpo basso, munito di numerose feritoie e strette aperture, baluardo di difesa da incursioni nemiche provenienti da Sud. II suo apparecchio murario presenta due tipologie che si riferirono ad altrettante stratificazioni. La prima è costituita da filari suborizzontali di pietre arrotondate estratte dal fiume o dai torrenti sottostanti. La seconda, che si trova al di sopra e in adiacenza alla prima, mostra una certa somiglianza, per quanto riguarda la tessiture le caratteristiche litologiche, con la prima stratificazione muraria del nucleo normanno.

E' probabile, quindi, che l'avancorpo, di cui rimangono le fondazioni parte dei muri in elevazione, appartenga ad una fase anteriore allo esso mastio normanno. 

Dunque, Brindisi poteva rappresentare già prima della fase normanna e della ristrutturazione sveva un importante sistema di avvistamento. Le sentinelle avevano modo di controllare da nord a sud il movimento di transito lungo il Basento tra il potentino ed il territorio circostante, dove, fin dal IX secolo Saraceni costituirono numero presidi. Arroccati in numerosi s montuosi, tanto impervi guani strategicamente importane come quelli di Pietrapertosa, Castelmezzano, Monte Saraceno, in territorio di Calvello, e Abriola, gli arai costituirono delle vere e proprie 'enclaves' nell'ambito delle circoscrizioni longobarde e bizantine in cui era divisa I Basilicata. Non abbiamo documenti nè altri dati oggettivi che possano avvalorare I'ipote circa l'esistenza del castello tra IX ed il X secolo. Non desterebbe però meraviglia se ciò venisse acclarato, in quanto Brindisi con Trivigno poteva rappresentare l'unico serio avamposto contro un'eventuale attacco saraceno alla città di Potenza.

Finita l'epoca sveva, dopo gli ultimi vani tentativi di Corradino di opporsi agli Angiò, il nuovo re Carlo I sostituì con cavalieri d'oltralpe tutti i milites collusi con il passato regime.

Così nel 1266 Guidone de la Forest divenne il 'primo dominus Brundusii de montana et Ansie'. 

A questi successe, nel 1280, Pietro de Hugot, marescallie regie magistrum, dopo il matrimonio contratto con Isabella de la Forest, figlia di Guidone, la quale aveva in dote anche l'intero feudo di Anzi e metà di quello di Fontanafura in Capitanata. Il tutto passò, nel 1283, nelle mani di Gerardo d'Yvort, signore di S. Fele e di Armaterra, in cambio di Salandra. 

Infine, nel 1284, il feudo fu di Aegillo di Belmonte, il quale non lasciò eredi. In seguito a ciò Brindisi, così come Anzi, finì per diventare territorio demaniale.

A parte gli avvicendamenti nel possesso dei feudi del Regno, Carlo I non apportò sostanziali modifiche alle norme promulgate da Federico II in merito alla manutenzione del patrimonio fortificato. Pertanto il castello continuò a rivestire un ruolo di primaria importanza nella difesa e nel controllo dell'area centro-occidentale della Basilicata.

Allo stato delle conoscenze non sappiamo quanto delle fortificazioni di Brindisi sia stato realizzato e messo a punto in età sveva. E' presumibile però che tutti i dispositivi di difesa che riusciamo ancora oggi a leggere ed eventuali altri scomparsi, non risalgano ad un'età posteriore a quella angioina.

Cosicchè, tra il XIII ed il XIV secolo, il castello di Brindisi di Montagna presentava un complesso ed organico sistema di punti di osservazione e di difesa, come la torre di vedetta alla punta settentrionale del costone roccioso, il mastio e il corpo adiacente, munito di feritoie, l'avancorpo di fiancheggia mento, nei pressi dell'entrata principale, un'altro luogo di avvistamento ricavato interamente nella roccia, sito a ridosso della facciata orientale, e infine il corpo di fabbrica, ubicato al di sopra della seconda cima rocciosa, che dominava dall'alto l'ingresso alla rocca.

Le fonti documentarie continuano ad occuparsi di Brindisi di Montagna anche in età angioina.

Dal Cedolario del 1277, si apprende che l'università di Brindisi viene tassata per 34 once, 4 tarì e 16 grani, che corrispondevano a 140 fuochi. 

Intanto, l'esosa politica fiscale imposta dal governo regio creò malcontento nelle maggiori città e in molti piccoli centri del Mezzogiorno, specie quelli colpiti prima dalla carestia del 1270 e poi dal disastroso terremoto del 1273.

Vessati dalle pretese e dalle richieste che provenivano dalla Curia regia e dai vassalli locali, gli abitanti di Brindisi, si resero protagonisti di un'azione di rivolta contro il proprio feudatario. La stessa cosa avvenne in altri paesi del circondario, come Trifoglio, Garaguso, Laurenzana.

II carico fiscale non si basava solo su contribuzioni ordinarie ma anche su collette straordinarie, come il fodro, che consisteva nel fornire i viveri necessari all'esercito regio, impegnato in importanti ed estenuanti operazioni militari. Ciò avvenne nel marzo 1269. In quell'occasione, gli abitanti di Brindisi di Montagna su ordine del re dovettero reperire 60 salme 'di vectugalia' per l'esercito che stava assediando Lucera, uno tra gli ultimi bastioni della rivolta ghibellina. 

A partire dalla fine del XIII fino a tutto il XIV secolo, un velo di silenzio sembra cadere su Brindisi, così come per molte terre della Basilicata. Solo agli inizi del '400, precisamente nel 1414, veniamo alla conoscenza di un certo Baldassarre La Zatta signore di Brindisi. Qualche decennio dopo nel 1449 iniziava il dominio dei Sanseverino, con il V conte di Tricarico Antonio Sanseverino. Siamo all'epilogo della storia di Brindisi medievale.

Nel 1456 un terremoto di elevata intensità distrusse completamente il contado, che rimase disabitato fino all'arrivo, intorno al 1535, di una colonia di Albanesi provenienti dalla città di Corona.

Nonostante il feudo fosse costituito ancora da un 'castrum seu fortellitium', come si legge nei Cedolari del 1639 e del 1654, il castello aveva ormai perso i caratteri di una fortezza divenendo la residenza dei Sanseverino, prima, e degli Antinori poi. Dopo la soppressione della feudalità, l'edificio passò in mani diverse e cadde in rovina.

Le sue alte quinte murarie testimoniano che anche a Brindisi è stato di passo il grande teatro della storia.

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