LA STORIA DI FERRANDINA

FERRANDINA CITTÀ ARAGONESE

Padre Carlo Palestina indaga gli enigmi della fondazione.
Con la sua opera in quattro tomi intitolata Ferradina, pubblicata nel 1994, anno del 500° anniversario della fondazione secondo la tradizione, Padre Carlo Palestina, sacerdote dell’Ordine Francescano Conventuale, fondatore della rivista di storia del Vulture ‘Radici’, ha vinto il premio Basilicata 1995 per la saggistica, offrendo alla sua città natale il dono più bello. Dopo anni di duro lavoro di ricerca nell’Archivio di Stato di Napoli e Potenza, negli archivi parrocchiali e comunali, le informazioni scoperte hanno permesso a Carlo Palestina di offrire una storia di Ferrandina ricchissima di rifeirmenti archeologici, economici, giuridici, amministrativi, culturali e religiosi.

Egli ha interrogato i documenti facendo zampillare dalle pagine ingiallite dal tempo, dai volumi ricoperti di polvere, la vita ancora pulsante di un popolo tenace e paziente, che di generazione in generazione ha lottato contro le condizioni avverse del clima, si è adattato alle diverse dominazioni, ma senza rassegnazione. 
Ci voleva un lavoro da minatore per riportare alla luce questa storia dei deboli, una storia che Palestina ha saputo inserire nel contesto della storia nazionale ed europea. L’idea del libro è nata proprio dall’intenzione di verificare l’attendibilità della data indicata nella lapide affissa sul portone del Municipio, che fissa nel 1494 la fondazione di Ferrandina. Durante la cerimonia della premiazione Palestina ha dichairato provocatoriamente che le origini di Ferrandina risalgano all’VIII secolo a.C., epoca dei primi insediamenti Enotri. E’ una tesi che viene puntigliosamente sviluppata, attraverso l’esposizione dei documenti. In realtà il problema della fondazione pur così complesso, avverte il Palestina, e non riducibile ad una questione di date, non è che un tema minore nella monumentale opera che si stende per quasi duemila pagine. Le precedenti ricostruzioni storiche del Caputi e del Centola, sono il punto di partenza per un’ampia disamina delle fonti favorevoli o con trarie alla leggenda del terremoto che avrebbe distrutto Uggiano costringendo gli abitanti a ricercare un nuovo insediamento chiamato poi Ferrandina da Ferdinando D’Aragona. Del castello di Uggiano, si hanno notizie già in epoca longobarda nella divisione dell’Italia meridionale fatta tra Radelchi e Siconolfo nell’8451. Ampliato nella seconda colonizzazione bizantina, conquistato da Roberto il Guiscardo nel 1066, raggiunge il massimo splendore con la ricostruzione angioina terminata nel 1350 - come risulta da una iscrizione su una pietra del portale Hoc opus fecit magi/ster Jacobus trifogia/nus de Astiliano a.d. millesimo MCCCVII - MCCCL - Sul nome Obelanum è da scartare, secondo il Palestina, il significato greco di spiedo, obelos, perché l’altura su cui sorge il castello termina con una spianata. Forse il significato è da ricercarsi maggiormente nel latino Ob-lanum, piano di sopra. Al di là delle congetture sul toponimo è più interessante soffermarsi sulla iniziale compresenza di Uggiano e l’antico insediamento di Ferrandina chiamato Ferrazzano, come risulta dal Catalogus Baronum, Commentario2. Il Palestina insiste sulla identità territoriale di Obelanum e Ferrandina, basandosi su testimonianze come quella di Jacobo de Januario, Precettore, che annota nell’anno 1497 “Uggiano nomine Ferrandina paga 600 ducati”. Ciò spiega il graduale passaggio da Uggiano a Ferrandina, anche senza voler accreditare la leggenda del terremoto, comunque riportata da numerose testimonianze. Come spiegare l’origine del nome? Le Vicende delle origini reali o leggendarie di Ferrandina sono comunque legate al contrastato regno degli aragonesi, che dall’entrata a Napoli di Alfonso il magnanimo nel 1443, fu caratterizzato da un terremoto nel 1456, complotti e sedizioni baronali dal 1458 al 1494, la conquista turca di Otranto nel 1480. L’avvicendamento al trono prima del fratello Alfonso II e poi del nipote Ferradino, morto ventinovenne, portarono all’ascesa di Federico, benvoluto dai baroni per il suo carattere mite, dal quale speravano di poter ottenere i privilegi che erano stati la causa di sedizioni e lutti, fino alla detronizzazione di Federico nel 1504, quando Ferdinando il Cattolico, del ramo spagnolo degli aragonesi, si alleò con Luigi XII di Francia, per dividere le spoglie di quel disgraziato regno. Il rev. Salvatore Centola basava le sue deduzioni su una lettera che Federico d’Aragona scriveva all’Arcivescovo di Napoli l’11 novembre del 1499, in cui spiegava che a causa di un terremoto Uggiano non era più abitabile e pertanto fece trasferire la popolazione nel nuovo sito che poi chiamò, in onore del padre. Questo mito lo si ritrova riportato in un gran numero di documenti, tra cui il Manoscritto Caracciolo. La ricostruzione storica di Carlo Palestina porta una massa di dati che rendono ancora più ingarbugliata la vicenda, soprattutto se si è in cerca di una data sicura da sostituire a quella tradizionale del 1494. E’ indubitabile che la località di Ferrazzano, citata nel Catalogus Baronu3, fosse già sede di insediamenti mentre ancora Uggiano costituiva un centro importante dal punto di vista militare. Con il divampare della guera tra la monarchia aragonese, e i baroni, indomabili nemici del potere aragonese, Uggiano diventa uno dei centri della contessa, fino all’epilogo della congiura dei Baroni con la incarcerazione di Pirro del Balzo, principe di Altamura, duca di Andria e signore di Uggiano. Con il decreto del 3 agosto 1487 il re Ferdinadno I o Ferrante attribuiva a suo figlio Federico i beni del barone ribelle. Pertanto non appare plausibile la data del 1470 perchè il feudo era ancora in mano al barone ribelle Pirro del Balzo. A meno che non si voglia separare la località di Ferrazzano dal feudo di Uggiano, ma ciò è decisamente negato da Palestina, che afferma insistentemente e con gran ricchezza di indicazioni documentarie, l’identità del territorio di Ferrandina con quello di Ugliano. Dobbiamo allora seguire, attraverso la intricata rete dei documenti, la trama delle ragioni che portarono non solo alla formazione di Ferrandina, ma soprattutto chiederci come mai il nome di Federico sia sopravvissuto alla ingloriosa fine dei figli di Alfonso il Magnanimo. Non furono estranei alla fama Post mortem di Federico i suoi rapporti con gli angioini, la sua prima moglie era francese lo stesso aveva dimorato più volte presso il duca di Borgogna, alla sua corte si parlava francese. Perciò fu addirittura detto ‘angioino’ e sarebbe stata ben vista dei baroni la sua incoronazione. La lapide apposta sulla porta del palazzo comunale riporta la seguente iscrizione.Nell’iscrizione non compare il titolo di re, che Federico avrebbe assunto alla morte del nipote Ferrandino nel 1494, d’altro canto è nominato Ferdinando il Cattolico, che le avrebbe attribuito il titolo di civitas nel 1507. La lapide ‘exemplata’, una copia di un’altra più antica forse andata distrutta. Ciò che desta interesse di questa iscrizione è proprio la sopravvivenza della fama di Federico, che proprio grazie a Ferdinando 158 Rocco Scattino Aquila Bicipite Nell’iscrizione non compare il titolo di re, che Federico avrebbe assunto alla morte del nipote Ferrandino nel 1494, d’altro canto è nominato Ferdinando il Cattolico, che le avrebbe attribuito il titolo di civitas nel 1507. il Cattolico fu defintivamente scacciato dal suo regno. L’iscrizione ha un tono celebrativo, Federico “a solo construxit, muro cinxit, turribus ornavit’’. Chi era quel Petrus Joph M.F., forse un Malvindi, famiglia legata agli aragonesi che, secondo Palestina, avrebbe avuto interesse ad esaltare l’importanza di Ferrandina? In realtà queste domande potranno interessare gli storici di professione, ma a Padre Carlo Palestina interessa la storia dei pauperes, dei poveri, dei vinti, che in principatu commutando, cambio delle dinastie al potere non mutano altro che il domini nomen, il nome del padrone. L’opera di Padre Carlo Palestina è una storia del paese di Ferradina che, sulla scorta della tradizione annalistica francese di Fernand Braudel, Marc Bloch e Lucien Fevre, è vista come cellula di un organismo più grande. Così la lettura dei documeti è sempre inserita nel quadro delle vicende regionali e generali, grazie agli strumenti offerti dalla storiografia dei G. Fortunato, dei Pedio, Adamesteanu. Le vicende politiche e religiose sono sempre colte nel loro complesso intreccio con la vita economica e sociale. Lo scontro, durato un secolo, tra monarchia e feudalità svela le sofferenze di un popolo stremato dalla miseria che fa esplodere la sua rabbia nelle sommosse. La causa fondamentale della persistente oppressione è il dominio feudale, o quello dei governatori, uomini rozzi e arroganti che non esitano a “frangere ossa a cittadini et datili tormenti inauditi, fatto mazziare preti di ordine sacro et disonorare honorate di notte con frangere porte di casa.”5. Di questa storia nobile e dolorosa restano imponenti testimonianze non solo nei documenti di archivio ma nei complessi monastici, nelle chiese, nei portali del centro storico, di cui il fotografo Rocco Scattino ha fissato immagini suggestive in una mostra da cui sono tratte le immagini riportate. Scattino ha dato un volto nuovo alla città riprendendo immagini suggestive, particolari inediti che mettono in luce la grandiosità del centro storico. Il monumentale complesso di S. Domenico, con la chiesa ornata da una cupola iin maiolica colorata, la chiesa di S. Maria della Croce, la cantoria della chiesa del Purgatorio intagliata in legno, i portali, le viuzze intricate del centro storico, le rovine del castello di Ugliano. Sono tesori che dobbiamo imparare ad apprezzare per combattere “la persistente convinzione che la nostra regione sia priva di una identità storico-culturale e che non abbia un volto ben definito”.

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